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La Storia

La Storia della Famiglia de’ Fabris

La famiglia de’ Fabris, originaria della Carnia e già nel XVI secolo iscritta fra i nobili di Tolmezzo, vide in questo secolo uno dei suoi membri trasferirsi a Udine e successivamente acquisire terre nel monfalconese; qui Ottavio de’ Fabris, alla fine del Seicento, passò ad abitare stabilmente a Begliano, costruendosi un palazzo.

Ottavio de’ Fabris fu elevato al grado di marchese nel 1673 per volontà del re Michele I di Polonia, e il titolo venne trasmesso a tutti i suoi discendenti fino all’ultimo marchese, Angelo de’ Fabris (1854-1939), che fu promotore di un significativo restauro della villa, a fine Ottocento, nelle forme che ebbe a mantenere fino ai giorni d’oggi, come risulta dalle fotografie del primo Novecento.

Un ramo della famiglia si trasferì da Begliano a Pirano d’Istria nel Settecento, dove acquisì terreni a Sezza, Salvore e Portorose (celebre la villa neoclassica costruita dai de’ Fabris a Portorose in località San Lorenzo), e dove si imparentò con la famiglia Ventrella, che, alla morte del marchese Angelo, privo di discendenti, nel 1939, entrò in possesso della villa di Begliano.

Alla fine della seconda guerra mondiale, persi tutti i terreni e le case in Istria, i Ventrella (l’avvocato Giuseppe Ventrella e soprattutto, dopo la sua tragica scomparsa nel 1946, la sorella Livia, fino al 2006) si trasferirono a Begliano e amministrarono con grande dedizione le terre del monfalconese.

Tornando alla storia della Villa, troviamo, in concomitanza con la ristrutturazione promossa da Angelo de’ Fabris verso il 1880, un Progetto per la riforma della Villa del Marchese Fabris a Begliano firmato dal celebre architetto triestino Ruggero Berlam (1854-1920), un progetto che prevedeva, oltre alla realizzazione di giardini e stagni, alcuni edifici in stile neogotico da affiancare alla villa secentesca, ma che non venne mai realizzato.

Il 18 giugno 1883, tuttavia, il famoso architetto triestino propose al committente una modifica del progetto iniziale, intervenendo sul solo corpo centrale della Villa, per il quale propose un nuovo atrio d’ingresso colonnato e una revisione generale delle aperture e dell’apparato decorativo della facciata d’ingresso, tutte opere puntualmente realizzate e tutt’ora visibili, nonostante i gravi danni inferti durante il primo conflitto mondiale (si veda D. Dreos, Villa de Fabris nell’Ottocento e lo strano caso di Ruggero Berlam a Begliano, in “Bollettino della Società Friulana di Archeologia”, XXVI, 2, 2022, pp. 25-28, al link: https://www.archeofriuli.it/wp-content/uploads/2022/12/ANNO-XXVI-N.-2-Dicembre-2022.pdf).

 

Allo scoppiare della prima guerra mondiale, infatti la Villa venne purtroppo a trovarsi sulla linea del fronte dell’Isonzo; nell’ottobre del 1915 l’edificio venne quasi completamente distrutto, perdendo tutti gli arredi interni, e nel 1916 ricostruito velocemente dall’Esercito Italiano, che fece un ospedale militare.

Dopo la disfatta di Caporetto, nell’ottobre del 1917, e fine alla conclusione della guerra, dunque per un intero anno, la Villa venne utilizzata dall’esercito austroungarico sempre come ospedale militare, come risulta da una iscrizione sull’altare ligneo della Cappella della Villa, che ricorda come l’Imperiale e Regio ospedale di riserva di Csáktornya (attuale Cakovec) venne trasferito dall’Ungheria a Begliano, dove rimase a disposizione dei feriti del Piave.

La Villa è stata anche anche sede dell’Asilo delle suore negli anni 50-60. Nel corso del tempo la sua struttura ha subito diverse mutazioni fino a quella attuale, con numerose sale, un Salone delle Feste, una cantina molto ampia, un prezioso l’Androne colonnato, la chiesetta consacrata, un ampio giardino davanti e un giardino all’italiana sul retro, adiacente a un vigneto.

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